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a cura di Gabriele Siciliano Dipartimento di Neuroscienze – Università di Pisa

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) – malattia caratterizzata dalla degenerazione delle cellule situate nelle corna anteriori del midollo spinale e dei neuroni corticali motori – rappresenta la forma più comune di malattia del motoneurone con decorso fatale e incidenza annuale di 1-3 casi su 100.000, che aumenta con l’età. Il 90% dei casi sono sporadici e quasi il 10% sono familiari (SLAf).
Purtroppo sono ancora poco chiari i meccanismi patogenetici alla base della perdita dei motoneuroni nella SLA. Tra le diverse cause che sono state proposte per spiegare la degenerazione motoneuronale, ricordiamo fattori infettivi oppure genetici, fenomeni autoimmunitari, aumentato stress ossidativo, tossicità glutammatergica, aggregazione proteica, disfunzioni mitocondriali, alterazioni del citoscheletro, alterazioni del trasporto assonale e deficit di fattori neurotrofici. E tuttavia la causa di questa grave malattia rimane sconosciuta.

Il ruolo dei sali di litio

Attualmente l’unico trattamento approvato per la SLA è il riluzolo, farmaco di limitata efficacia che ha dimostrato di aumentare la vita media dei pazienti in media di circa sessanta giorni.
Un recente studio pilota su pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica – coordinato da Francesco Fornai e condotto presso il Dipartimento di Morfologia Umana e Biologia Applicata dell’Università di Pisa e presso l’Istituto Neurologico Mediterraneo, IRCCS Neuromed di Pozzilli (Isernia) – ha evidenziato, in un periodo di quindici mesi di trattamento con litio, un rilevante rallentamento nell’evoluzione di malattia, valutata sia tramite il metodo ALS-FRS [FRS sta per Functional Rating Scale, vale a dire, letteralmente, “Scala dei livelli di funzionamento”, N.d.R.], sia tramite la comune scala di Norris, con riduzione di mortalità rispetto al gruppo di controllo.
Il dosaggio iniziale di litio è stato di 150 mg x 2 al giorno, con successivi aggiustamenti, in modo da ottenere una litiemia compresa tra 0.4 e 0.8 mEq/l. Nessun paziente trattato con questi dosaggi ha mostrato effetti collaterali attribuibili alla terapia.
Inoltre, nel modello murino di SLA, associata a mutazione G93A nel gene SOD-1, è stata valutata la morfologia, la biochimica e la biologia molecolare dell’evoluzione della patologia e gli effetti protettivi indotti dai sali di litio somministrati agli stessi dosaggi dei pazienti. Ebbene, anche qui i risultati sono stati positivi, potendosi osservare che il meccanismo patogenetico – basato su una progressiva vacuolizzazione cellulare legata al blocco delle vie metaboliche dell’autofagia – è stato antagonizzato dal litio che ha prodotto un’induzione dei meccanismi autofagici. La lesione mitocondriale presente nei topi SLA è stata ulteriormente soppressa dalla neo-mitocondriogenesi promossa dal litio.

Un nuovo trial a Pisa

Allo stato attuale, dunque, sulla base essenzialmente di questi dati, è stata presa in considerazione la possibilità di praticare ulteriori studi clinici sull’effetto del litio nel decorso della Sclerosi Laterale Amiotrofica. Recentemente, poi, il Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana ha approvato in tal senso il trial clinico-terapeutico Studio in singolo cieco con placebo sull’efficacia della terapia con sali di litio e riluzolo verso riluzolo in pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica, che sarà condotto presso la Clinica Neurologica dell’ospedale pisano di Santa Chiara.
L’obiettivo principale dello studio sarà quello di confermare l’efficacia dei sali di litio nel ritardare la progressione di malattia nella SLA. Vediamone nei dettagli le caratteristiche.

Criteri di inclusione e di esclusione

I soggetti ammessi nel trial (120 pazienti, 60 in ogni “braccio”) sono individui adulti di entrambi i sessi, con diagnosi di SLA, che rientrino nei seguenti criteri di inclusione: SLA definita (probabile o probabile con supporto di laboratorio), secondo i criteri El Escorial rivisti; età superiore a 18 anni; durata di malattia inferiore a 36 mesi; trattamento con riluzolo e vitamina E (400 mg al giorno), come antiossidante; disabilità lieve o moderata, documentata da una funzione bulbare o spinale ancora soddisfacente (punteggio medio di 3 alla scala ALS-FRS-R, con punteggio non inferiore a 3 per la deglutizione) e da una funzione respiratoria soddisfacente (FVC, la capacità vitale forzata, superiore o pari al 60%).
I pazienti devono essere inoltre in grado di comprendere e di aderire a quanto richiesto dal protocollo dello studio e devono fornire consenso informato scritto. Dev’essere infine negativo il test di gravidanza per le donne in età fertile.
Sono invece ritenuti criteri di esclusione: gravi disturbi psichiatrici (Asse 1 o 2 del DSM IV [il DSM IV è il Manuale per la Classificazione dei Disturbi Psichiatrici, N.d.R.]); ritardo mentale grave o gravissimo (Quoziente d’Intelligenza calcolato con il metodo WAIS inferiore a 45); ipotiroidismo non compensato; terapie farmacologiche incompatibili con la terapia con sali di litio; pregresse reazioni allergiche o stati di ipersensibilità verso il litio; cardiopatia e/o insufficienza renale; pazienti in trattamento con diuretici; pazienti epilettici; malattie del motoneurone diverse dalla SLA (paralisi bulbare progressiva, atrofia muscolare progressiva, sclerosi laterale primaria); pazienti portatori di PEG [la gastrostomia endoscopica percutanea, N.d.R.] o con tracheostomia.

Gli obiettivi della ricerca

Due i gruppi in cui saranno divisi i pazienti, in maniera rigorosamente casuale. Il primo gruppo sarà trattato con riluzolo (50mg/per 2 al giorno) e carbonato di litio (inizialmente 300 mg al giorno in due somministrazioni), mentre ai componenti dell’altro verranno somministrati riluzolo (50 mg/per 2 al giorno) e placebo. Il piano dello studio prevede che, ove tra i due “bracci” si verifichino – dopo i primi 4 e/o dopo i primi 8 mesi – differenze relative superiori al 50% negli obiettivi (endpoints) secondari, il trial terapeutico si trasformi in “trial aperto”, con la convergenza dei pazienti nel gruppo migliore.
Infine, le persone verranno sottoposte a visite di reclutamento e a regolari accertamenti di controllo, con valutazione quantitativa del sistema motorio, usando la scala Medical Research Council (MRC), valutazione della disabilità funzionale attraverso la scala ALS-FRS-R, valutazione neurofisiologica con studio del numero delle unità motorie (MUNE), oltre che a regolari controlli della litiemia. Saranno anche eseguite le prove di funzionalità respiratoria con cadenza trimestrale e un questionario sulla qualità della vita (McGill Quality of Life Questionnaire).
Gli obiettivi (endpoints) primari saranno la valutazione della sopravvivenza senza complicanze e quella della sopravvivenza con complicanze (tracheotomia, PEG), mentre i secondari includeranno la valutazione dei punteggi ottenuti alla scala ALS-FRS-R, quella della forza attraverso la scala MRC, la valutazione neurofisiologica con studio del numero delle unità motorie, la funzione respiratoria e la modificazione dei punteggi di QoL (qualità della vita) McGill.

Niente litio al di fuori dei trial

È opportuno ribadire, in conclusione, che questo studio, al pari di altri già proposti sia in ambito nazionale che internazionale, ha lo scopo di verificare ulteriormente l’efficacia del litio nella terapia della Sclerosi Laterale Amiotrofica, finalità che va perseguita sulla base, appunto, di studi controllati che arricchiscano l’esperienza pilota fin qui maturata.
Ne deriva che assumere il litio al di fuori di una tale cornice è assolutamente sconsigliabile, anche sulla base della potenziale tossicità che va attentamente e costantemente tenuta sotto controllo.

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