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Milano, 23 gen. (Adnkronos Salute) – Un tilt nel sistema di smaltimento dei rifiuti cellulari potrebbe essere all’origine della Sla (Sclerosi laterale amiotrofica), malattia neurodegenerativa a oggi incurabile che in Italia colpisce circa 5 mila persone. A chiamare in causa una “pulizia della cellula non fatta a dovere” è uno studio italiano, condotto da Caterina Bendotti dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e da Silvia De Biasi dell’università degli Studi di Milano. La ricerca, finanziata da Telethon, è pubblicata su ‘Human Molecular Genetics’ e apre la strada a una possibile strategia terapeutica, riferisce una nota.

Nei malati di Sla – ricordano gli esperti – si assiste a una progressiva perdita dei motoneuroni, le cellule nervose che controllano i muscoli responsabili di attività fondamentali come movimento, linguaggio, deglutizione e respirazione. Da tempo i ricercatori sanno che nei motoneuroni colpiti dalla patologia sono presenti proteine dalla struttura anomala, il cui accumulo può provocare il malfunzionamento, e quindi la morte, dei motoneuroni stessi. In condizioni normali, infatti, le cellule controllano in modo molto accurato qualsiasi proteina prodotta, regolando in particolare la demolizione di quelle danneggiate o alterate attraverso vie metaboliche specializzate. Una di queste vie è quella che gli scienziati chiamano proteasoma: un insieme di enzimi che ‘digerisce’ le proteine da eliminare, rendendole innocue. Lo studio dimostra, in topi di laboratorio, che nella Sla si osserva effettivamente un difetto nell’attività del proteasoma.

Gli scienziati milanesi hanno utilizzato un modello animale di Sla, un topo ‘ogm’ che produce una forma mutata della proteina Sod1 (responsabile del 20% circa delle forme ereditarie di Sla), e che presenta un decorso clinico e alterazioni cellulari simili a quelli che si riscontrano nell’uomo. Sfruttando la proteina verde fluorescente Gfp (la green fluorescent protein che ha valso ai suoi scopritori il premio Nobel 2008 per la chimica), i ricercatori hanno potuto visualizzare i motoneuroni malati in cui il complesso del proteasoma era malfunzionante. Questi risultati – sottolinea Telethon – confermano quelli già ottenuti nel 2007 dallo stesso gruppo di scienziati, sulle singole cellule portatrici della Sod1 mutata.

La scoperta – frutto di un ampio progetto focalizzato sulla patogenesi della Sla, al quale partecipa anche Angelo Poletti dell’università Statale di Milano – disegna all’orizzonte una possibile strategia terapeutica, basata sull’individuazione e sull’applicazione di sostanze in grado di supportare e rinforzare l’attività detossificante del proteasoma. Una specie di ‘colf-spazzine’, capaci di favorire l’eliminazione delle proteine tossiche che le cellule malate non riescono più a distruggere da sole. I ricercatori sono già al lavoro per sperimentare, per ora solo su modelli di laboratorio, alcune sostanze già note per avere questa proprietà ‘pulente’, nella speranza che non siano tossiche e che possano poi rallentare il decorso della Sla anche nell’uomo.

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