Sanihelp.it – I familiari, soprattutto i rispettivi coniugi, che si occupano di pazienti con sclerosi laterale amiotrofica (SLA), meglio conosciuta in ambito sportivo e calcistico come Morbo di Lou Gehrig, hanno una maggiore probabilità di diventare depressi e di sentirsi sopraffatti dal carico psicologico, rispetto ai malati stessi.
A sostenerlo è uno studio italiano pubblicato nel fascicolo del 20 marzo 2007 di Neurology®, la rivista scientifica dell’American Academy of Neurology, e finanziato dal programma di ricerca sanitaria finalizzata della Regione Piemonte.
«Poiché ci sono indicazioni che le condizioni mentali di coloro che si occupano dei pazienti influenzano grandemente i pazienti con SLA, questi dati mostrano che non si dovrebbero trascurare le condizioni fisiche e psicologiche di queste persone quando si pianifica la presa in carico del paziente affetto da SLA», spiega Adriano Chiò, autore dello studio, responsabile del Centro SLA dell’ospedale Molinette di Torino e membro dell’American Academy of Neurology. Lo studio è stato finanziato dal programma di Ricerca Sanitaria Finalizzata della Regione Piemonte.
I ricercatori hanno intervistato 31 coppie di pazienti con SLA e loro assistenti, all’inizio e al termine di uno studio durato 9 mesi. Le coppie sono state sottoposte a interviste sulla depressone e la qualità della vita. I ricercatori hanno anche esaminato le sensazioni di carico avvertite dai parenti e la sensazione del paziente di rappresentare un peso per chi lo assiste. Lo studio ha provato un significativo aumento della sensazione di carico e della depressione tra coloro che assistono i pazienti nel corso dei 9 mesi dell’osservazione, mentre la depressione, la qualità di vita e la sensazione di rappresentare un carico sono rimasti praticamente invariati tra i pazienti con SLA.
La percentuale di assistenti dei pazienti con depressione da lieve a moderata è aumentata dal 9,7% al 19,3%. La sensazione di carico psicologico è aumentata dell’11% tra coloro che assistono i pazienti; la più comune lamentela è stata di non avere abbastanza tempo per se stessi. Anche i punteggi di qualità della vita sono lievemente diminuiti tra gli assistenti dei pazienti.
Lo studio, infine, ha provato che all’inizio dello studio la qualità della vita era maggiore negli assistenti dei pazienti, mentre alla fine era maggiore nei pazienti che nei loro assistenti.
«La SLA è considerata una malattia che colpisce tutta la famiglia», conclude Chiò, «Ciò significa che coinvolge tutti i membri dell’entourage del paziente. Interventi specifici per migliorare l’efficacia della comunicazione tra i pazienti e coloro che li assistono potrebbero migliorare il benessere psicologico di entrambi, aiutando i pazienti ad essere maggiormente consapevoli delle necessità di coloro che li assistono e questi ultimi ad accettare il loro ruolo, stressante ma veramente inestimabile».
di Silvia Nava