Riuscire a parlare con il pensiero, senza aprire bocca: è la nuova frontiera tecnologica che va in soccorso dei disabili più gravi. Servirà per comunicare messaggi semplici ma spesso essenziali, tipo «ho sete» o «vorrei essere spostato». Basterà pensare quel certo contenuto perché questo arrivi ad un destinatario.
Niente a che fare con la telepatia: l’importante novità arriva dal fronte della ricerca tecnologica più avanzata.
La comunicazione cervello-computer è possibile. E ha la sua radice in un lembo del nostro territorio, agli Alberoni, presso l’Ircss, l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico San Camillo.
Qui, nell’ospedale gestito dai padri Camilliani, si è riusciti a mettere a punto quello che è probabilmente il più avanzato software oggi esistente che permette una comunicazione complessa fra cervello e computer.
Ovvero fra il cervello di una persona che la malattia ha reso completamente inabile dal punto di vista fisico, fino ad impedirle di parlare e di muoversi, e un operatore che legge al computer gli imput inviati dall’ammalato.
Un’innovazione tecnologica di questo tipo sarebbe utilissima nel caso di pazienti tetraplegici e affetti da patologie neurologiche che conducono alla completa immobilità e all’incapacità di muovere qualsiasi muscolo.
Per capire quali siano i possibili destinatari basta ricordare i nomi del giornalista Ambrogio Fogar e dell’attore Cristopher Reeve.
Come nel caso della Sla. E se, nel caso loro, l’immobilità estrema era dovuta a lesioni midollari cervicali a seguito di un trauma, ci sono casi in cui è una malattia degenerativa a devastare progressivamente l’autonomia dei movimenti.
Una malattia come la Sla, la Sclerosi laterale amiotrofica che, per esempio, costringe alla sedia a rotelle e ad un sintetizzatore vocale il fisico inglese Stephen Hawking, ma anche persone “di casa nostra”, come Andrea, il giovane papà di Quarto d’Altino, cui GV ha dedicato un ampio servizio nello scorso numero.
Come si fa a comunicare che si ha sete. Per le persone in queste condizioni le ricerche condotte all’Irccs del San Camillo potrebbero essere di grande giovamento. Detto in maniera un po’ grossolana, il sistema funziona così: il paziente ha dinanzi a sé un computer sul cui monitor compaiono delle frecce oppure dei simboli di comunicazione (tipo un bicchiere per dire «ho sete» o un panino per dire «ho fame»).
Poniamo che l’ammalato, collegato all’elaboratore grazie a degli elettrodi simili a quelli in uso per l’elettroencefalogramma, voglia segnalare che ha sete.
Il paziente pensa il bicchiere e il computer capisce. Quando il simbolo (che compare all’interno di una sequenza insieme ad altri) si illumina, allora il paziente emette un segnale cerebrale di interesse. In sostanza pensa il bicchiere d’acqua e la sua onda cerebrale viene captata e decifrata dal computer, dando così modo all’operatore di capire cosa il disabile voglia comunicare in quel momento.
Per ora margine d’errore del 15%. «Abbiamo provato il sistema su pazienti ricoverati qui al San Camillo – spiega il primario Paolo Tonin – e non solo su pazienti sani, che avviene in alcune sperimentazioni fatte in giro per il mondo. Così abbiamo verificato la sostanziale bontà del software. Il problema di fondo è che bisogna affinare la capacità di riconoscimento e di decodificazione dell’onda cerebrale emessa: oggi siamo ad una correttezza di riconoscimento dell’85%».
Bisogna, insomma, arrivare al 100% prima che il sistema possa essere introdotto in maniera regolare nell’attività ospedaliera. E prima, soprattutto, che se ne possano dotare, a casa, le famiglie in cui vivono disabili così gravi.
Ma l’attesa è ricca di speranza, anche perché sistemi in qualche modo simili e concorrenti arrivano appena a decodificare quattro lettere al minuto. Il sistema messo a punto al San Camillo è decisamente più veloce.
Servono fondi per affinare i risultati. Ma per completare le ricerche occorrono fondi: servono almeno 220.000 euro per sostenere due anni di studi condotti da un ingegnere e da un neurofisiologo, nonché per l’acquisto di tecnologie informatiche.
E’ anche per sostenere la raccolta di fondi per l'”interfaccia cervello-computer” che la fondazione San Camillo organizza, per venerdì 30 marzo alle ore 18 pressoo l’Istituto veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia, un convegno su “I nuovi confini della scienza: presente e futuro della ricerca sul cervello”; l’intervento centrale è affidato a Emilio Bizzi, docente al Mit di Boston e consulente dell’Ircss San Camillo, dove quindicinalmente si reca per supportare le indagini condotte dai medici lidensi.
Giorgio Malavasi