Il Consiglio di Stato si è espresso il 29 febbraio scorso con le sentenze n.838, 841 e 842/2016 confermando le tre sentenze del Tar Lazio che avevano accolto la richiesta di alcune famiglie con disabilità le quali si appellavano contro l’inserimento nel Dpcm 159/2013 (Decreto Isee) degli emolumenti a sostegno della disabilità quale reddito ai fini ISEE. Il tribunale , in sostanza, aveva definito illegittimo inserire quegli emolumenti che sono riconosciuti esclusivamente a titolo risarcitorio per disabilità, nel reddito per il calcolo dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente.
LE NOVITÀ – Nonostante le pronunciazioni del Tribunale Amministrativo romano fossero immediatamente esecutive (e quindi da applicare), all’indomani delle sentenze del Tar di fatto nulla era cambiato. I Caaf, infatti, hanno rimbalzato continuamente le richieste dei cittadini, continuando a non applicare le novità. Di fronte a questa situazione i cittadini non sapevano oggettivamente cosa fare né come pretendere di vedere applicate le novità. Alcuni suggerivano di allegare, alla richiesta all’amministrazione competente, una nota nella quale ci si riservava di eventualmente adire a vie legali.
Come affrontare, dunque, le legittime rivendicazioni di coloro che si sono visti negare un beneficio per l’illegittima inclusione delle indennità relative alla disabilità fra i redditi? Come gestire il caos del ricalcolo degli Isee scaduti e le conseguenze in punto di erogazione dei servizi e di compartecipazione dell’utenza ai costi? L’ ADUC – Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori, suggerisce:
– Chi è stato leso da un ingiusto calcolo Isee ne potrà chiedere il ricalcolo (relativo all’anno 2015 o a quello presentato per il 2016) ed in base a ciò, intimare le dovute conseguenze economiche; non ultime le esclusioni dai servizi perché l’Isee, con l’aggiunta dell’indennità, faceva superare i limiti di reddito ;
– Chi, invece, si appresta a depositare l’Isee per l’anno in corso, potrà pretendere l’immediata attuazione delle sentenze del Consiglio di Stato, nel caso con una diffida.
In entrambi i casi, in mancanza di disponibilità dell’amministrazione, dovrà farlo con una messa in mora e la pretesa dei relativi danni causati dalla loro non applicazione.
Il Governo, dal canto suo, non avendo provveduto nel 2015 ad attuare le pronunce di primo grado, dovrà agire subito mettendo mano al DPCM come riformulato dalla giustizia amministrativa, per evitare che l’intero sistema delle prestazioni agevolate perduri, come già da un anno, nella illegalità, alimentando ancor di più le già maturate pretese di giustizia dei cittadini.
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